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IL GIORNO CHE AVREI VOLUTO VIVERE

Il piacere di abbattere il Muro

di Antonio Martino

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12 agosto 2009

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Alla morte di Stalin il giornale del partito usò termini talmente elogiativi nei suoi confronti da apparire oggi assolutamente ridicoli, e moltissimi comunisti si sentirono orfani della loro guida, della loro fonte d'ispirazione. Quando Kruscev diede vita al processo di destalinizzazione in molte sedi del Pci il ritratto di Stalin continuò a ornare le pareti: gli stalinisti irriducibili non avevano intenzione di cedere. L'invasione dell'Ungheria nel 1956, se costituì un evento traumatico per alcuni inducendoli ad abbandonare il partito, venne facilmente accettata come inevitabile dalla maggioranza dei comunisti che cercarono di giustificarlo come una risposta all'intervento a Suez.
Lo stesso fenomeno si ripeté per l'invasione della Cecoslovacchia nel 1968, anch'essa accettata come necessaria dai comunisti d'inossidabile fede. Non c'è stato comportamento per quanto riprovevole dell'Unione Sovietica che non sia stato accolto come giustificato e necessario dalla maggioranza dei comunisti italiani. L'Urss per loro era intoccabile, immune da qualsiasi critica e chiunque si permettesse di avanzarne veniva immediatamente bollato come un reazionario al soldo dell'America.

Il rapporto dei comunisti con l'America merita forse qualche parola di commento. Per decenni hanno ripetuto senza stancarsi di non essere anti-americani ma di non condividere l'operato del presidente. Il problema è che questo ritornello era di moda ai tempi di Truman e continuò ad essere ripetuto per Eisenhower, Kennedy (ferocemente criticato per la storia della Baia dei Porci e per il blocco navale di Cuba), Johnson, Nixon, Reagan, Ford, e Bush padre e figlio. Il fatto è che l'America si contrapponeva all'Urss rendendo impossibile l'espansione dell'impero sovietico ed era quindi il nemico per antonomasia. I suoi successi economici, scientifici, tecnologici venivano liquidati come menzogne dalla propaganda comunista.
Le storie degli orrori della Russia sovietica raccontate da chi vi era stato ricevevano lo stesso trattamento. In Russia tutto andava benissimo: era il paese più giusto, più libero e più prospero al mondo. In realtà, quando apparve evidente l'inferiorità economica dell'Urss rispetto all'Occidente, la sua incapacità di garantire ai suoi sudditi un livello di benessere paragonabile a quello dei cittadini delle democrazie occidentali, la propaganda cambiò. Come sarcasticamente sottolineato da Hayek, all'inizio ci veniva chiesto di adottare il comunismo perché riusciva a garantire benessere meglio di qualsiasi altro sistema; non appena fu evidente che ciò non era vero, ci venne chiesto di diventare comunisti perché i beni di consumo non erano importanti!

Non credo che il confronto fra il comunismo sovietico e le democrazie occidentali esaurisse la Storia, ma non c'è dubbio che nel secolo che si è appena concluso ne abbia rappresentato l'aspetto più significativo. Il 9 novembre del 1989 non ha quindi rappresentato la «fine della storia», ma ha certamente segnato un evento di grandissima importanza per quanti nel XX secolo hanno trascorso la maggior parte della propria vita. Per questo avrei voluto essere a Berlino quel giorno ed è per la stessa ragione che conservo un pezzetto di quel dannato muro.

12 agosto 2009
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